Da sempre (o almeno dal salvataggio della Grecia nel 2010, dopo che l’allora Governo in carica aveva trasmesso alla Commissione Europea falsi dati di bilancio) l’argomento MES (Meccanismo Europeo di Stabilità, il Fondo Salvastati) è fonte di polemiche. Comprensibili, in parte, quando rientrano nella “dialettica politica” tra opposti schieramenti. Ben più difficili da comprendere quando visioni diverse, per non dire opposte, emergono, come è successo ieri, all’interno della stessa maggioranza di Governo, dopo che Stefano Varone, Capo di Gabinetto del Ministero delle Finanze, guidato da Giancarlo Giorgetti, che fa parte del partito che maggiormente si oppone alla ratifica, ne aveva tessuto le lodi. Secondo il portavoce del Ministero economico, il MES non comporta nuovi maggiori oneri rispetto a quanto già previsto nel 2012, aggiungendo che non si rinvengono modifiche tali da far presumere un peggioramento del rischio. Il passaggio più importante è quello riferito al merito creditizio dei singoli Stati, che ne trarrebbero un indubbio vantaggio al momento dell’adesione, migliorando, nei fatti, le condizioni di finanziamento sui mercati. Il rating assegnato dalle varie agenzie al MES è equivalente alla tripla A, il livello massimo, ben lontano dal livello BBB in cui, più o meno, si trovano i nostri BTP.
Il nuovo Fondo salvastati ha una dotazione “teorica” pari a € 704 MD, dei quali 80 già versati dai vari Stati. La cosa anacronistica, per non dire buffa, è che l’Italia, terzo “socio” dopo Germania e Francia, ha sottoscritto il capitale (€ 125 MD), versando sin qui la quota di sua competenza, pari ad € 14,5 MD. Il tutto pur non avendo ancora ratificato il MES, unico tra gli Stati membri. Per ulteriore informazione, va detto che, peraltro, il MES potrebbe essere oggetto di una nuova riforma, che lo porterebbe ancor di più ad assomigliare ad un vero e proprio Fondo Sovrano, in grado, quindi, di intervenire a sostegno dei Paesi che ne facessero richiesta.
Sempre più difficile, per i nostri Partner, capire lo stallo italiano.
La sensazione che traspare, ancora una volta, è la profonda diffidenza verso le Istituzioni europee, accusate di “mettere il naso” negli affari italiani, limitando la nostra “sovranità”. Sovranità, nei fatti, già ridotta nel momento stesso in cui abbiamo aderito alla UE, accettandone le regole (di cui, come Stato fondatore, siamo stati promotori).
Rimane di grande attualità il tema dell’inflazione. La giornata di ieri ci ha confermato che è ben più “appiccicosa” di quanto si temesse. In Gran Bretagna i prezzi al consumo sono addirittura aumentati, a maggio, dello 0,7%, confermando un livello di inflazione annua all’8,7% verso attese dell’8,4%. l’inflazione core, ripulita delle componenti più volatili, è salita al 7,1%, in accelerazione dal 6,8% di aprile. Numeri che portano a pensare che oggi la Bank of England potrebbe annunciare un nuovo rialzo dello 0,5%, portando i tassi al 5%.
Dal canto suo, Powell, presidente della FED, continua nelle sue dichiarazioni da “falco”, con l’obiettivo di smorzare gli entusiasmi del mercato. A suo dire, l’inflazione Usa, pur lontana dai picchi di qualche mese fa, rimane ad un livello ritenuto ancora pericoloso, ben superiore al target del 2%. Motivo per cui torna ad essere realistico ipotizzare, da qui alla fine dell’anno, un ulteriore doppio aumento (0,25% ognuno), pur nella consapevolezza che il rialzo potrebbe avere un impatto negativo sulla crescita dell’economia, provocandone un rallentamento.
Chiusura negativa, ieri sera, per il mercato americano, deluso dalle affermazioni di Powell: Dow Jones in arretramento dello 0,30%, con il Nasdaq ben più pesante (– 1,35%).
Questa mattina i mercati asiatici sono “orfani” delle piazze cinese, con Shanghai e Hong Kong chiuse per festività.
Regolarmente operativa Tokyo, con il Nikkei che cede lo 0,90%.
Futures per il momento ovunque deboli, con cali tra lo 0,20 e lo 0,45%.
Dopo il rimbalzo di ieri, che lo ha portato a superare i $ 72, questa mattina il petrolio (WTI) consolida le quotazioni, con un leggero ribasso (0,40%).
Gas naturale Usa a $ 2,601, invariato rispetto alla chiusura di ieri.
Oro ancora senza brio, a $ 1.941 (- 0,27%).
Spread che non sembra soffrire per le “inquietudini” della maggioranza, confermandosi in buona salute (158,8 bp). BTP al 4,04%.
Bund 2,43%.
Treasury Usa invariati, al 3,72%.
€/$ vicino alla soglia dell’1,10 (1,0987).
Ulteriore strappo per il bitcoin. L’annuncio che Black Rock potrebbe lanciare un ETF sul prezzo spot (cioè di mercato) del bitcoin ha dato senz’altro un forte impulso alle quotazioni: il mercato, infatti, è convinto che la SEC darà il nulla osta verso il nuovo strumento: il fatto che la richiesta provenga dal gigante americano dell’asset management è quasi una certezza del successo autorizzativo. Basti pensare che su 576 richieste di quotazione di ETF, Black Rock ha ottenuto 575 risposte positive (unico neo una bocciatura del 2014). Questa mattina le quotazioni superano i $ 30.000 (30.116).
Ps: arriva l’estate. E con lei la voglia di musica dal vivo, con i concerti che riempiono gli stadi (non solo italiani, visto quello che è successo la settimana scorsa a Stoccolma per Beyoncè). Ieri sera, a Napoli, hanno iniziato il loro tour italiano i Coldplay, per i quali sono previste, dopo Napoli, quattro date a Milano. Ormai assistere ad un “live” è quasi un lusso, visto il livello dei prezzi dei biglietti. Ma € 8.780 (a tanto pare sia arrivato a costare un biglietto per una delle serate) forse è un po’ troppo (anche se venisse concesso di condividere il camerino con Chris Martin…).